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Benetton: 40 anni di creatività

Wednesday, October 10th, 2007 by Antonio Prigiobbo in [ News ]

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Quello che ha prodotto Benetton in 40 anni e più non è stato solo abbigliamento, ma sopratutto un modo innovativo di fare impresa e comunicazione. Nella comunicazione pubblicitaria della Benetton si possono distinguere ben tre distinte fasi comunicative: quella di ricerca di un’identità comunicativa, successivamente di denuncia (con provocazioni e contrasti socio-culturali) e infine quella più recente dai toni bassi.

Nonostante nel corso degli anni le campagne siano state molto diverse tra loro, il tema che le unisce e che definisce la coerenza del discorso di marca è sempre stato quello dei colori. La comunicazione pubblicitaria nella prima fase di vita dell’azienda non si discosta dal clichè di una qualsiasi azienda della provincia italiana. Le prime campagne sono rivolte ai gruppi di giovani, con uno stile grafico e creativo tradizionale: soggetti in posa fotografica in luoghi comuni. Una comunicazione coerente con la strategia di un’azienda a conduzione familiare che compete con prezzi bassi.

La tecnica pubblicitaria utilizzata è quella del trasferimento connotativo associato al concetto di “bella gente che veste bene”. In questo periodo l’azienda sceglie i valori che si svilupperanno nelle campagne future: l’omogeneità e la molteplicità. L’evoluzione avviene con la scelta dell’agenzia parigina Eldorado in cui lavoravano come fotografi Bruno Sutter e Oliviero Toscani che svilupperanno i contrasti e i conflitti tra l’essere e apparire, stravolgendo le logiche comunicative pubblicitarie tradizionali e cambiando il linguaggio e l’idea creativa.

Nasce così il marchio United Colors of Benetton che da questo momento in poi comparirà in tutte le campagne pubblicitarie dell’azienda. All’interno di questa seconda fase, che proseguirà soprattutto grazie al contributo di Oliviero Toscani, si distinguono dei temi portanti: la differenza, l’uguaglianza e la morte [91/92], la verità[93], il sangue [94]. Fuoriescono i tratti distintivi dell’identità visiva di Benetton; scompare il prodotto mentre prende posizione la marca proponendosi di assicurare il dialogo con il pubblico. Le foto vengono prima graficizzate, perdendo di profondità e realisticità, per poi essere sostituite da reportage rappresentanti avvenimenti particolarmente drammatici come la mafia, gli attentati, l’AIDS la fame nel mondo, nel tentativo di sensibilizzare (o scioccare?!) la società.

Quando si scinde il connubio Benetton-Toscani si entra nella terza fase in cui le stesse tematiche, con toni meno accesi e meno provocatori, sono affidate a Fabrica che subisce però gli effetti negativi della differenziazione dell’attività del gruppo Benetton, con la conseguente uscita del settore moda dal core business dell’azienda.

La comunicazione di Benetton è sempre stata dunque a metà strada tra una strategia esplicitamente pubblicitaria ed una socio-culturale (e anche politica). Resta il fatto che, anche se da un punto di vista commerciale la sua efficacia è soprattutto dovuta alle polemiche che ha generato, la sua portata innovativa ha arricchito la complessità del linguaggio pubblicitario producendo vere e proprie opere d’arte. Con l’ultima campagna pubblicitaria fotografata da David Sims per Fabrica, Benetton ha tentato di riaffermare con un nuovo stile i valori del marchio, in particolare colore, gioventù e contemporaneità. E la storia continua…

[da Modia01]

Sei a casa e mentre fai zapping con il telecomando, la tua attenzione e il tuo zapping vengono catturati dallo zapping fatto dalla trasmissione Under The Radar su MTV.

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Nel servizio si parla di una nuova rock band di Barcellona composta da cinque pupazzi di pezza, i C’Mons; si, 5 pupazzi di pezza: White, Moo, Blue, Red e Cherri. I loro nuovi brani sono “C’mon, C’mon” and “C’Mon, C’Mon, C’Mon”. Lo special è nella formula del ‘rockdocumentario’ con una serie di interviste a personaggi che orbitano nel mondo delle rock band, e che ci introducono in quel mondo. C’è la loro tatuatrice, che racconta il lavoro fatto su uno dei componenti del gruppo, la sexy girlfriend del cantante del gruppo (che decanta le qualità di donnaiolo del suo uomo). Scene prodotte in perfetto zapping MTV intervallate da sequenze di videoclip, copertine di magazine e scene di backstage. Il servizio continua con altre interviste e contributi: il regista dei videoclip che racconta come i videoclip prodotti per la band o rappresentino la sua migliore opera, poi c’è la creatrice della fragranza del loro profumo realizzato nel 2002, una giornalista di gossip che descrive la vita sregolata dei personaggi della band, il produttore musicale che elogia il genio del gruppo, il manager del gruppo che racconta il successo che stanno avendo con il tour in in Giappone e infine il loro medico a cui si chiedono indiscrezioni.
Termina il servizio e resta un velo di mistero sui C’Mons, la convinzione e/o l’idea d’aver catturato un nuovo fenomeno: una novità. Non ci sorprende più che i C’Mons possono essere la rappresentazione visiva virtuale di una band musicale che sfrutta come alter ego/avatar massmediale dei pupazzi di stoffa; e’ già accaduto con il gruppo musicale dei Gorillaz, che si sono presentati e si rappresentano con dei personaggi dei cartoon.

La curiosità fa partire la ricerca su internet e si trovano tracce che che posson solo giovare al fenomeno e alla sua popolarità, incrementando la curiosità, c’e’ chi ci racconta sul proprio blog di aver trovato dei manifesti dei concerti dei C’mons nella propria città, chi degli stickers  etc.. Link su link che non fanno che aumentare la leggenda urbana dei C’Mons!!!

Ma chi sono i C’mons?! O sarebbe meglio chiedersi cosa sono i C’mons?
Se vi siete fatti incuriosire, come l’autore che vi scrive, senza accorgercene siete entrati in uno dei giochi piu’ innovativi e , almeno al momento, divertenti della comunicazione contemporanea: un gioco (o sarebbe meglio definirlo una strategia) mix di viral e guerrilla marketing.
Quindi i C’Mons sono anzitutto un prodotto o ancor meglio dei personaggi virtuali, nati per diventare famosi e farsi testimonial ideali, per un target di riferimento di giovani tra i 20 e i 30 anni, della City Cars Opel Corsa.
Non e’ la prima volta che una casa produttrice di auto per colpire un target giovanile costruisce una campagna pubblicitaria che si basa su una strategia di viral e/o guerrilla marketing; l’ha fatto la Renault con il lancio della nuova Clio, la Chrysler per il lancio dei fuoristrada Dodge.

I personaggi sono stati creati dall’artista Boris Hoppek  (http://www.borishoppek.de/) scelto dall’agenzia per le sue produzioni. A Hopper e’ toccata la creazione dei loro cinque profili psicografici con relativa personalità e storia vissuta.
La campagna europea creata dall’agenzia McCann Erickson (http://www.mccann.com/) e’ stata basata su diverse fasi: attivare delle azioni di Below-the-line per innescare il passaparola e dare credibilità ai C’Mons (sfruttando attività di guerrilla e PR, adesivi e cartoline hanno invaso arredi urbani e locali), lanciare la fase di teaser con la trasmissione di MTV (partner strategico) e un primo mini sito brandless (con gadget elettronici per telefonini e PC su siti come Myspace.com e YouTube.com e concorsi su radio e testate di tendenza) e sviluppare le azioni di Above-the-line con la pubblicità tradizionale a stampa e televisiva che presenta finalmente i C’Mons come testimonials del prodotto Corsa. E la storia continua…

MyTube a Galassia Gutenberg 2007

Saturday, March 17th, 2007 by Antonio Prigiobbo in [ Design ]

MyTube: rivive nel mondo reale la filosofia della condivisione in Rete di YouTube

A Galassia Gutenberg 2007 è esposta per l’uso un’istallazione che fa vivere nel mondo reale la filosofia di condivisione della Rete. In tubi di plastica arancione, materiali ricliclati dalle grondaie, chi vuole può lasciare i libri già letti - come per il crossbooking - ma anche altri oggetti che possono essere presi da chiunque e riutilizzati.

MyTube è realizzata dagli studenti del Corso di Laurea in Disegno Industriale,Facolta’ di Architettura della Seconda Universita’ degli Studi di Napoli.

“Con MyTube si scambiano oggetti reali come testi, fumetti, foto, poster, DVD, CD,etc. - spiega Antonio Prigiobbo del gruppo che ha realizzato l’installazione - è un arredo urbano di uso civico, favorisce la cultura dello scambio come accade in Rete e la cultura del riciclo che dovrebbe sempre più affermarsi, specialmente qui da noi.”

Le foto sono scaricabili da:
http://www.industrialdesign.altervista.org/mytube.htm

mytube

mytube

Studenti del Corso di Industrial Design - Marcianise (CE) - S.U.N. Seconda Università degli Studi di Napoli. Progetto curato dal team Giarletta, Prigiobbo, Tarantino, Varriale.


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